umbertocanovaro@ - Rubrica
IV “Delle Cause dà dieci lire in giù” (2a parte). La scorsa settimana abbiamo visto il trattamento del
pegno qualora il debitore non risarcisse il creditore per un torto subito di
natura civilistica. Adesso proseguiamo con la medesima disciplina, prevista di
seguito: «E se detto pegno valesse e fusse venduto più del debito domandato e
le spese, quello che vi fusse di più sia dato al Reo, deduttone niente di meno
le spese in la causa fatte; e se non bastasse sia di nuovo il debitore
pignorato de i suoi beni mobili fino alla sufficiente quantità; e li absenti
(contumaci, nda) si debbano citare ne modi e le forme suprascritte (con riti
giudiziali abbreviati, nda) volendo nondimeno che il detto Commissario (giudice
in Rio, nda) per causa di pigioni
annuali, di livelli e d'affitti, salari di Garzoni e per opere di qual si
voglia somma e quantità, pur che in tutte le sopradette cause il debito non sia
[richiesto, nda] di più d'un anno,
proceda, cognosca et exequisca sommariamente, secondo la forma di sopra da lire
dieci in giù, non ostante la solennità e forma ricercatasi dallo statuto da
lire dieci in su', quale ne le supradette cause, non vogliamo habbi luogo». Per
pigioni o cause di lavoro, quindi, la procedura formale (solenne) era
ripristinata, anche se probabilmente i tempi erano allo stesso modo ridotti
come per le altre cause da dieci lire in giù. La prossima settimana vedremo
alcune eccezioni procedurali a questa regola della vendita all'asta del pegno,
che meritano di essere considerate a parte. Umberto Canovaro